Monday, July 14, 2008

Diritto alla salute e clandestini

Corriere della Sera


LA DENUNCIA DELLA SOCIETA' DI MEDICINA DELLE MIGRAZIONI
Diritto alla salute e clandestini,
l'emergenza tra rinunce e paure
Sempre più immigrati extracomunitari non si curano presso strutture pubbliche per evitare l'espulsione (Il video)
MILANO - L'immigrato, anche se clandestino, ha diritto in Italia all'assistenza medica d'urgenza e di base. Lo stabilisce il codice Stp (straniero temporaneamente presente), contenuto nel Testo Unico sull’immigrazione del 1998. Un diritto e un principio di cui in pochi sono a conoscenza, in modo particolare tra gli stessi migranti extracomunitari. La «clandestinità sanitaria» è una piaga gravida di disastrose conseguenze, un’emergenza – sostengono medici e associazioni di volontariato – aumentata in modo esponenziale da quando è all'ordine del giorno l'introduzione del reato di clandestinità.

C'è un clima di terrore diffuso che tiene lontani gli immigrati dagli istituti di cura. E’ quanto denuncia la Simm, Società italiana di medicina delle migrazioni, che ha attivato un osservatorio su tutto il territorio nazionale. E la paura, complice la disinformazione e l’isolamento, potrebbe contagiare anche gli stranieri con regolare permesso di soggiorno. «Abbiamo paura, ad esempio, di un aumento dell’aborto clandestino o del ricorso alla medicina fai da te», spiega la dottoressa Graziella Sacchetti, ginecologa e membro del consiglio direttivo della Simm. «Una piaga che può avere conseguenze anche su larga scala, pensiamo all'ipotesi di un'epidemia che, nella sua fase iniziale di propagazione, sfugga al controllo medico». Dati e testimonianze in merito sono stati raccolti tra le oltre cento strutture che in tutta Italia, tra centri e ambulatori, si occupano dell’assistenza sanitaria agli immigrati.

Proprio gli ambulatori, nati in seno al mondo del volontariato laico e religioso, hanno svolto in questi anni un lavoro importantissimo per gli immigrati, soprattutto quelli irregolari, affiancando il servizio Sanitario nazionale. «La non chiarezza dei percorsi, le modifiche normative in corso, la fragilità sociale si è manifestata con il significativo utilizzo delle strutture ambulatoriali – spiega Salvatore Geraci, responsabile dell’area sanitaria della Caritas di Roma – poiché per molti immigrati non è possibile accedere ad altri servizi sanitari».

L’Oikos di Bergamo accoglie 1.300 nuovi stranieri per un totale di 3.800 visite all’anno; mentre sono 7.000 gli immigrati che frequentano regolarmente l’ambulatorio di assistenza della Caritas diocesana di Roma, per un totale di 20.000 tra visite e prestazioni ogni anno. Il Naga di Milano arriva a quasi 23.000 prestazioni all’anno, comprese le 1.400 chiamate di «medicina di strada», con cui vengono assistiti immigrati e indigenti impossibilitati a raggiungere la struttura. Secondo molte associazioni di volontariato le regioni non avrebbero risposto in maniera esaustiva alla direttiva del Testo Unico sull’immigrazione, che indica negli ambulatori di base le sedi per le cure previste dal codice Stp. «Molte regioni non hanno istituito gli ambulatori – continua Geraci della Caritas – anche se, ad esempio, nel caso dell’Umbria e della Toscana sono state fornite valide alternative. Però, in generale, gli immigrati sono costretti a rivolgersi al volontariato o, in ultima istanza, al pronto soccorso».

Marco Todarello (Agr)

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