Saturday, July 26, 2008

Prostituzione: espulsioni e ordinanze non cambiano niente

Ivan Rescalli, coordinatore del progetto "Unità di strada" della cooperativa "Lotta contro l'emarginazione" racconta il lavoro svolto per aiutare le ragazze sfruttate
Prostituzione: espulsioni e ordinanze non cambiano niente

Non di decreti di espulsione o ordinanze è fatta la lotta contro la prostituzione. O meglio, il tentativo di salvare le ragazze dal racket e dallo sfruttamento di chi le obbliga a prostituirsi. È quello che fa dal 2000 la cooperativa "Lotta contro l'emarginazione" ed in particolare il progetto "Unità di strada", coordinato da Ivan Rescalli: «In sostanza il nostro è un lavoro di indagine e contatto con le persone che si prostituiscono in strada e in appartamento: diamo consigli a livello sanitario sulla tutela propria e del cliente – spiega Rescalli -. Noi non obblighiamo nessuno, qualora ne facciano richiesta accompagniamo le ragazze nelle strutture d'accoglienza gestite in rete con la Cnca (Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza)». C'è una legge italiana inserita nel testo unico sull'immigrazione adottata dalla Turco-Napolitano e accolta dalla Bossi-Fini che all'articolo 18 garantisce a chi denuncia di essere vittima di tratta o di sfruttamento sessuale o lavorativo di poter godere di un particolare permesso di soggiorno di 6 mesi rinnovabile per altri 6, convertibile al termine del lungo e difficile iter di reinserimento nella società nel permesso di soggiorno "normale". In questi anni sono state circa 50 le ragazze che hanno aderito al progetto della cooperativa "Lotta contro l'emarginazione": solo due non hanno concluso il percorso, mentre le atre sono riuscite a liberarsi dal patto criminale che le teneva soggiogate.

Gli operatori del progetto di "Unità di strada" sono una decina. Alcuni numeri per dare il quadro della situazione in provincia di Varese: sulla strada sono un'ottantina, soprattutto nigeriane, mentre le rumene e le albanesi sono molte meno, di età compresa tra i 18 (a volte meno) e i 32 anni come massimo. Le africane sono stanziali, stanno nel Tradatese, nei dintorni del Parco Pineta e a Pian Bosco, a Gorla e Cairate, alcune a Busto Arsizio la sera: aspettano i clienti sedute, sono sfruttate da connazionali che hanno un accordo economico con le ragazze, un debito che cresce fino quasi a raddoppiare dal viaggio alla permanenza in Italia, sono ospitate da sfruttatrici donne (ultimamente anche uomini) che pagano per loro e le controllano. Le bianche invece aspettano in piedi, sono controllate a vista dai loro uomini, spesso pseudo fidanzati o conviventi che le obbligano a vendersi e le controllano a vista («è capitato spesso che nei nostri servizi sulla strada gli sfruttatori passassero più volte in auto, telefonassero e si facessero vedere da lontano», spiega Rescalli): si possono trovare a Gorla, Cairate, Lonate Pozzolo e al confine col Piemonte. I rapporti sulla strada sono spesso mordi e fuggi, cose veloci, consumate da ogni tipo di cliente, di età e classe sociale variabile. Gli stessi clienti che pescano negli appartamenti, un supermercato del sesso molto più ampio e con numeri ben maggiori: si parla di almeno 250 numeri di telefono a disposizione, per un'offerta diversificata che va da Varese città a Sesto Calende, passando per l'asse di Malpensa. Sono ragazze e transessuali, di età comprese tra i 20 e i 50 anni, spesso sudamericane/i, ma anche le cinesi sono tantissime: i controlli sono anche in questo caso ferrei, le case sono spesso in subaffitto, per andare con una cinese bisogna passare da una sorta di servizio di smistamento gestito da una vera e propria organizzazione ramificata, praticamente sempre per esercitare in appartamento gli sfruttatori scendono a patti (economici) con la criminalità locale in un ambiente di illegalità diffusa. In appartamento vengono fornite le più disparate prestazioni, gli operatori hanno sentito e registrato di tutto e di più.

Avvicinare e convincere le ragazze a cercare vie "pulite", uscendo dal circolo del racket della prostituzione, non è facile: «I decreti di espulsione come quello di Lonate servono a poco – spiega Rascalli -. Già anni fa su una frequentatissima strada provinciale in Piemonte, al confine con Lonate, i sindaci a turno mandavano via le prostitute dalle proprie strade: loro non facevano altro che spostarsi in quello vicino, rinviando il "problema" senza risolverlo. È una questione complessa, non bisognerebbe fermarsi a quello che fa male agli occhi, ma analizzare nel profondo con la partecipazione di tutti. È il mestiere più antico del mondo, ricordiamocelo sempre. Bisogna combattere il favoreggiamento e lo sfruttamento, educando le ragazze credendo in loro e nella loro voglia di libertà».


http://www3.varesenews.it/varese/articolo.php?id=104199

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