ECCOLO, IL PRIMO DEI MISTERIOSI “GRASSI VEGETALI”. L’olio di palma, a lungo secondo dopo l’olio di soia, è diventato il grasso più usato al Mondo, non solo in alimentazione. E finalmente è citato sulle etichette. Ma leggere le etichette non basta per capire: consumatori e anche nutrizionisti dovrebbero informarsi-informare sulle vere caratteristiche degli alimenti, a cominciare dai reali componenti nutrizionali. Fatto sta che da quando io stesso misi in guardia nel mio manuale
Alimentazione Naturale dalle etichette che usano la rassicurante definizione di “grassi vegetali” per nascondere l’olio di palma (e talvolta anche l’olio di cocco), ritenuti a rischio cardiovascolare perché ricchi di acidi grassi saturi, i tempi sono cambiati. Oggi si sta esagerando in senso contrario: contro l’olio di palma è in atto una vera e propria rozza
campagna di disinformazione basata su falsità grossolane (“fa male”, “è cancerogeno”), senza tener conto dei dati nutrizionali che lo rendono nella cottura migliore del burro e degli oli di semi. Una campagna che non ha nulla di scientifico, cioè di “vero”, che tende solo a boicottare questo grasso presente in molti alimenti industriali (biscotti e prodotti da forno, pasticceria, patatine fritte, glasse, creme di cioccolato spalmabili, salse, margarine, dadi per brodo ecc.).
PARLIAMO NOI CHE PER SECOLI ABBIAMO FRITTO CON LO STRUTTO? E’ un atteggiamento, anche per un naturista, eccessivo sul piano nutrizionale, e illogico sul piano storico, visto che anche noi Italiani, nonostante la tanto strombazzata “civiltà dell’olivo”, abbiamo usato per molti secoli, dalle origini fino al 1960, come principali grassi di cottura soprattutto lardo e strutto.
L’olio di palma non è certo un grasso d’uso casalingo, almeno in Europa, ma solo industriale e commerciale (industria alimentare, ristoranti, friggitorie, mense). Non ha fatto mai parte della nostra cultura antropologica, né in questo articolo-monografia si esorta a consumarlo. Se qui se ne parla è solo per ristabilire la verità e chiarire le idee dal punto di vista scientifico (così che il “ripasso” sarà utile per capirne di più anche degli altri oli e grassi), perché la campagna di disinformazione in atto confonde le idee ai meno colti in fatto di alimenti – la stragrande maggioranza – e anche perché arrivano allarmate richieste di pareri da parte di lettori naturisti che se lo ritrovano sui banconi dei supermercati “bio” o botteghe del Naturale nelle etichette più insospettabili.
UN GRASSO PER L’INDUSTRIA. Allora diciamo che in questo ambito, cioè usato nel cibo industriale o tecnologico o “artificiale”, da cui noi naturisti dobbiamo essere solo sfiorati, l’olio di palma ha una sua funzione, che non va criminalizzata. Soprattutto perché ha una composizione chimica sorprendente che ne fa
un grasso più protettivo o meno rischioso del burro nelle cotture, soprattutto se l’olio usato è allo stato grezzo e solido (“red palm oil”). Chi lo osteggia su internet dovrebbe a maggior ragione boicottare il burro, che come si vede nella
tabella ordinata in ordine crescente di acidi grassi saturi, cioè a rischio, e in ordine decrescente di acidi grassi insaturi, cioè “protettivi”, ha parametri nettamente inferiori nelle due classi di acidi grassi protettivi mono e polinsaturi, e privilegiare addirittura il lardo, che – dispiace a noi vegetariani – grazie alla nuova dieta “salutista” imposta ai suini, ha la bellezza del 66% di acidi grassi protettivi e solo il 33% di saturi, neanche tutti dannosi.
Noi, ovviamente, siamo contro i prodotti alimentari industriali. Ma se i contestatori dell’olio di palma mangiassero meno golosità industriali, meno creme spalmabili al cioccolato, meno fritture in rosticceria, meno cibi pronti da bar o tavola calda, meno biscotti, meno preparati per brodo, ci sarebbe meno domanda industriale di olio di palma. Ma se si ostinano a richiedere i prodotti industriali (compresi molti pseudo-salutisti, vegetariani e bio-fans amanti di Nutella, creme spalmabili, gelati, patatine, salatini, dolci, cioccolatini ripieni, crackers ecc.), visto che sono incapaci di smettere dovrebbero almeno porsi il problema dell’alternativa. Cioè,
quale grasso che non sia di palma può resistere alle difficili condizioni ambientali della cottura industriale e della produzione a caldo,
dell’ossidazione dovuta a immagazzinamento, calore prolungato (sole, luce battente), e a conservazione all’aria in scatole non a perfetta tenuta – come dadi per brodo, biscotti ecc. – per lunghi mesi a contatto con luce e temperatura ambiente? Forse preferiscono in alternativa lo strutto o il lardo? Se sono vegetariani o naturisti, no di certo.
E GLI OLI GENUINI E “SALUTISTICI”? E’ peggiore, se possibile, visto quanto costano agli ingenui acquirenti salutisti, la situazione dei sani – ma solo all’origine – oli vergini di oliva, girasole, mais, cartamo, vinacciolo, sesamo, noce ecc. (se “di spremitura a freddo”) venduti in bottiglie trasparenti o alle alte temperature di erboristerie (gli erboristi devono essere freddolosi…), negozi bio (un po’ più freschi, specie i supermercati NaturaSì, i meglio controllati termicamente) e supermercati, comunque fuori della “catena del fresco”, e nelle case sempre lasciati al caldo della cucina e a contatto con aria e luce (oliera), quindi predisposti alla rapidissima ossidazione e alla produzione nel nostro organismo di pericolosi radicali liberi, in quanto sono i grassi più instabili e delicati. Nella maggior parte dei cibi industriali questi oli, straricchi di acidi grassi mono e polinsaturi, quindi rapidamente deteriorabili, in quelle difficili condizioni si irrancidirebbero nel giro di ore-giorni-settimane, nonostante i sitosteroli protettivi, producendo perossidi, cioè radicali liberi, e poi idrocarburi, aldeidi e acidi tossici e di sapore sgradevole. A meno di non aggiungere i soliti additivi antiossidanti industriali (tipo BHT, butil-idrossitoluolo e BHA, butil-idrossianisolo), che si usano anche quando nelle torte pronte o nei panettoni c’è il delicatissimo burro.
MALE MINORE, PERCHE’ “INOSSIDABILE”. E allora? In questi casi (produzione industriale, magazzini, trasporto ecc.) non resta come male minore che l’olio di palma, stabile alla frittura, ad ogni genere di cottura e alla perossidazione lipidica da ossigeno-luce-calore, e anche il più economico. Così inossidabile che, anche se può sembrare incredibile, un orcio di terracotta con tracce di olio di palma è stato trovato da archeologi ad Abydos in una tomba egizia di 5000 anni fa, (
FRIEDEL MC.
Comptes rendus. On fatty materials found in Egyptian tomb in Abydos. vol. 24,648,1987). Olio che, volendo, può essere anche acquistato nella forma grezza e solida, utile nelle creme che non si devono sciogliere ma rimanere pastose.
CIFRE E COMPOSTI SORPRENDENTI. E sul piano puramente nutrizionale? Non è terribile come lo dipingono. L’olio di palma ha un rapporto saturi/insaturi inferiore a 1 (0.9). Accanto al 47% di a.g.saturi (tanti, certo) ha ben il 51.5% di a.g. insaturi protettivi, cioè circa il 39% di monoinsaturi (acido oleico, tipico dell'olio di oliva, che però ne ha il 70%) e il 12% di polinsaturi, soprattutto linoleico. Tanti, anzi ancora di più, questi protettivi, ma nessuno lo dice. Ben il 51.5% di grassi protettivi – che il burro si sogna (solo 26.5%), ma che lardo e strutto addirittura superano (oltre alla minore percentuale di a.g. saturi), e infatti sono i primi in classifica nella tabella – è davvero un valore che parla da sé a difesa dell’olio di palma e che smentisce tutte le campagne di boicottaggio.
E CI SONO PERFINO I GRASSI SATURI “BUONI”! E poi non basta dire “grassi saturi”: non siamo più negli ignoranti anni Cinquanta. Ci sono i saturi pessimi, quelli mediocri e quelli addirittura buoni, cioè protettivi. Insomma,
non tutti gli acidi grassi saturi sono uguali. Vero è che l’abbondante acido palmitico (43-47%) dell’olio di palma è il suo vero limite nutrizionale, perché è un acido
a catena lunga che
isolato e dato ai topi ha mostrato in studi sperimentali di laboratorio un più alto rischio aterogenico e ipercolesterolemico e perciò cardiovascolare. Il burro, invece, ha solo il 21.6% di palmitico, e ha gli acidi laurico e miristico, saturi sì ma
a catena media, quindi
neutri rispetto al rischio detto, più l’acido butirrico,
a catena corta, che pur essendo saturo è addirittura
protettivo (è il medesimo che si forma per fermentazione delle fibre nel colon). Ma il burro, non dimentichiamolo, ha pur sempre solo la
metà dei protettivi a.g. monoinsaturi dell’olio di palma.
Quando invece diamo all’uomo, non ai topi, non l’acido palmitico isolato ma l’olio di palma
intero, a dimostrazione che ogni alimento naturale e integrale è un complesso bilanciato, non si verifica alcunché di negativo. Innanzitutto, l'olio di palma, come tutti i grassi vegetali, è privo di
colesterolo, a differenza di burro e lardo. E il più alto colesterolo nel sangue che l’acido palmitico dovrebbe favorire ? La ricerca biologica più accreditata ormai è orientata nel senso che l’olio di palma si comporta all’atto pratico in modo
neutro o addirittura favorevole verso i parametri lipidici, cioè non aumenta, anzi, spesso riduce sia il colesterolo totale, sia le pericolose LDL; mentre non innalza i trigliceridi. Quindi un’azione del tutto neutra, se non positiva.
STUDI. Nel classico
studio di Sundram e Hornstra (in doppio cieco e crossover), in 38 volontari maschi la sostituzione del 70% dei grassi animali e oli idrogenati di una tipica “dieta olandese” con olio di palma, che è privo di colesterolo e acidi trans-saturi, non ha modificato il colesterolo totale nel sangue, ma ha aumentato dell’11% le HDL protettive, diminuito dell’8% le dannose LDL, aumentato del 4% le apolipoproteine A1 (legate alle HDL) e diminuito del 4% le apolipoproteine B (LDL). Tutti miglioramenti modesti ma significativi, che provano che quando l’olio di palma sostituisce la maggior parte dei grassi animali o trans-saturi in una dieta, non apporta nuovi rischi ma anzi può addirittura ridurre il rischio cardiovascolare (
SUNDRAM K, HORNSTRA G, HOUWELINGEN AC, KESTER ADM. Replacement of dietary fat with palm oil: effect on human serum lipids, lipoproteins and apolipoproteins. Br J Nutr 1992, 68, 671-692).
In un
esperimento su volontari della Malesia con diete alternate a base di oli di cocco, palma e mais, mentre l’olio di cocco alzava il colesterolo totale del 10%, l’olio di palma riduceva tutti i valori: colesterolo totale -19% (mais -36%), LDL -20% (mais -42%), HDL -20 (mais -26%). Il rapporto LDL/HDL non era modificato dal cocco, ma era abbassato dalla palma (-8%) e ovviamente ancor più dal mais (-25%). I trigliceridi nel sangue non erano modificati dalla palma, ma ridotti dal mais (
NG TK, HASSAN K, LIM JB, LYE MS, ISHAK R. Nonhypercholesterolemic effects of a palm-oil diet in Malaysian volunteers. Am J Clin Nutr 1991,53,4,1015S-1020S). Quindi anche qui un comportamento da neutro a favorevole, e comunque non negativo.
IDEALE PER LE FRITTURE PROLUNGATE, MEGLIO DI OLI DI SEMI E BURRO.Altro che grasso del diavolo! Se non è raffinato ed è consumato al naturale, cioè grezzo, rischia di diventare il grasso degli angeli! E perfino raffinato si comporta in modo neutro rispetto ai principali rischi. Sul piano puramente nutrizionale o protettivo, dunque, l’olio di palma naturale nelle fritture prolungate, artigianali o industriali, è preferibile agli oli di semi e al burro.
Burro che – a parte il colesterolo (250 mg/100g), del tutto irrilevante però nei consumi minimi casalinghi – possiede a crudo
buone qualità organolettiche, ed è per di più di antica
tradizione nella nostra cultura che è di origine pastorale; ma che oggi è usato
troppo e male in Europa e nel Nord Italia. Andrebbe consumato (e solo qualche ricciolo)
a crudo, di tanto in tanto, meglio se su una fetta di vero pane integrale scuro e aromatico, perché in frittura e cottura si degrada molto diventando pericolosissimo produttore di radicali liberi. Ma avranno la coerenza i boicottatori dell’olio di palma di boicottare il
burro cotto e mezza gastronomia del Nord Italia e del Nord del Mondo?
INCOERENZA. Ecco, perché la nuova “campagna allarmistica” di Internet contro l’olio di palma è strumentale, sbagliata e diseducativa. Primo, perché dice il falso sulle caratteristiche nutrizionali e spande allarme terroristico, in secondo luogo perché mischia politica e scienza, poi perché tende ad attribuire i rischi solo ad alcuni grassi in quanto tali, e non al
modo in cui tutti i grassi – anche l’olio extravergine di oliva – sono lavorati dai produttori, commercializzati, conservati in magazzini e in casa, e infine trattati in cucina e nei ristoranti. E ancora perché tutto questo allarme fa capire erroneamente ai meno esperti che i cibi industriali nei quali è usato l’olio di palma sono importanti, essenziali. No, al contrario, sono
cibi tipicamente artificiali di cui si può, si deve, benissimo fare a meno.
Insomma, se i cittadini nonostante gli avvertimenti si ostinano a mangiare fritture, a cuocere sempre con grassi, a consumare e acquistare dadi per brodo, creme di cioccolato spalmabili, patatine, biscotti, salse, margarine, torte, pasticcini e cornetti da bar, tanto peggio per loro. Ma non ci vengano a raccontare gli ideatori di campagne di boicottaggio o gli pseudo-esperti del web (compresi alcuni “medici” o “nutrizionisti”) che quei cibi fanno male “perché hanno l’olio di palma”! La Nutella non fa male per l’olio di palma, ma per il troppo zucchero e i troppi grassi che sostituiscono alimenti protettivi o ricchi di fibre. Piuttosto, se gli allarmisti tengono tanto alla salute, perché non fanno una campagna contro lo zucchero, i dolci, le creme spalmabili e le bevande zuccherate? Perché non boicottano la pericolosa frittura (dannosa anche quando è fatta col migliore olio extravergine di oliva), o l’uso del burro cotto per salse, condimenti, carni, uova e dolci? Perché non gli conviene: sono golosi. Quindi non la faranno mai.
COME ROVINARE UN GRASSO DISCRETO.Sul piano produttivo, legislativo e commerciale, invece, i problemi ci sono, eccome. Innanzitutto l’olio di palma assume in commercio gli aspetti e le forme più diverse, tanto da disorientare noi Europei: grezzo, rosso e pastoso in barattoli, più di rado solido e giallo in panetti biancastri come il burro (attenzione che non sia idrogenato: è molto usato come margarina), semifluido e rossiccio allo stato naturale (“
Pure Crude Palm Oil”). ma più di frequente in Europa in contenitori di liquido giallo e fluido come un qualunque olio di semi (“olio di palma frazionato”, “Superoleine”) destinato alle friggitorie e ai ristoranti.
E’ il tipico, chiarissimo, “olio di palma bifrazionato” e raffinato (
v. immagine accanto), usato in tutti i ristoranti e rosticcerie, anche in Italia, che ha una composizione nutrizionale in teoria accettabile,
con grassi saturi ridotti: 37% di a.g. saturi, 41.1 di a.g. monoinsaturi, 13.5 di a.g. polinsaturi. Peccato che per questo sia stato sottoposto a raffinazione chimica frazionata, con un procedimento altamente tecnologico che lo priva – proprio come accade a tutti gli oli di semi, ma non all’olio extravergine di oliva – delle sue vitamine e dei suoi preziosi antiossidanti. Vitamine, beta-carotene, altri carotenoidi e polifenoli vari, oltre al particolare aroma (alcuni dicono di violetta), che invece permangono nell’olio di palma naturale, spesso solido e pastoso.
Così, quello che era in origine allo stato naturale un grasso tutto sommato buono o discreto e ricco di antiossidanti, viene uniformato, banalizzato e spersonalizzato in modo da somigliare a un qualsiasi oliaccio industriale. Ma, ripetiamo, non è un difetto dell’olio di palma, quanto della tecnologia esasperata che lo ha trasformato e reso artificiale, comune a tutti gli oli di semi industriali. Così, alcuni naturisti americani hanno preso l’abitudine di andare a cercarsi sul mercato web il “red palm oil”,
l’olio di palma rosso e naturale (
v. immagini: sfuso in una tazza e in un barattolo in commercio), ricco di proprietà antiossidanti e protettive che insieme con i tanti acidi insaturi potrebbero bilanciare nel nostro corpo l’eccesso di acido palmitico.
ANTIOSSIDANTI. L’olio di palma grezzo, cioè non raffinato, contiene infatti una
grande quantità di antiossidanti, molto più della carota: circa 30.000 mcg di
beta-carotene (responsabile del colore rossiccio), 24.000 mcg di alfa-carotene e 33.10 mg/100 g di
vitamina E alfa-tocoferolo. Oltre a coenzima
ubiquinone Q10, squalene ecc. Un peccato che la raffinazione distrugga tutta questa ricchezza, solo per permettere alle friggitorie e ai ristoranti popolari di tutto il Mondo di cuocere cibi orribili e insani a poco prezzo! Il burro è dotato di quantità decisamente minori di antiossidanti: retinolo 906 mcg, beta-carotene 146 mcg, vitamina E alfa-tocoferolo 2.40 mg (IEO, Inran).
NORME SEMPRE FAVOREVOLI AI PRODUTTORI. Inoltre le norme non sono chiare. I produttori ne approfittano, indisturbati, per mescolare spesso all'olio di palma l’
olio di palmisti, cioè l’olio del seme del frutto della palma, che è un grasso completamente diverso per composizione, aspetto (è bianco, non avendo i carotenoidi) e gusto, e assomiglia molto all’olio di cocco. Nella tabella in alto l’olio di palmisti ha l’82% di acidi grassi saturi, un’enormità, e appena il 15% di monoinsaturi. Dovremmo ottenere leggi internazionali che vietino ai produttori di mescolare due grassi così diversi, palma e palmisti, senza denunciarlo in etichetta, specificando anche il contenuto percentuale in acidi grassi della miscela. Per fortuna nella sfortuna, però, gli a.g. saturi dell’olio di palmisti pur essendo sovrabbondanti sono
migliori qualitativamente di quelli dell’olio di palma: costituiti da poco acido palmitico, un a.g.
a catena lunga, ad alto rischio (6.5-9%), e invece per lo più da a.g. saturi
a catena media come il laurico (47-51.5%) e il miristico (15.5-17%) che sono piuttosto neutri, cioè non provocano danni ateromasici e ipercolesterolemici nell’organismo.
Insomma, è bene far entrare in testa ai consumatori e ai salutisti che la natura dei grassi è complessa, e anche la natura dell’intera “alimentazione naturale”. E’ sbagliato dire “grassi saturi” in generale per dire il peggio da criminalizzare. Bisogna vedere i dettagli, cioè le quantità in cui i diversi acidi grassi saturi sono presenti in ciascun grasso (di palma, di palmisti, di cocco, lardo, strutto e burro).
Negli a.g. saturi bisogna distinguere tra a.g. saturi a catena corta (protettivi), a.g. a catena media (neutri), a.g. a catena lunga, dannosi. E poi, a che serve usare in alternativa preziosissimi oli extra-vergini di prima spremitura a freddo (tanto più che se ne possono consumare pochi grammi al giorno), quando sono ossidati da calore, luce e ossigeno? Anzi, diventano produttori di radicali liberi più dei grassi saturi!
MORALE DELLA FAVOLA. Come si è visto, lo slalom tra le varie scoperte della Scienza sui grassi è così sorprendente ed entusiasmante che fa pensare ad un racconto poliziesco o a un campionato di football in cui le squadre si alternano continuamente nel vantaggio e all’ultimo vincono ai rigori… Alla fine,
il bilancio teorico dell’olio di palma è sostanzialmente neutro o leggermente positivo, non certo allarmante:
buono, se non ottimo, allo stato grezzo; mediocre, cattivo o pessimo, allo stato raffinato. Comunque
per la cottura ad alta temperatura (frittura), specialmente se è grezzo, l’olio di palma è preferibile come parametri addirittura al burro e agli oli di semi, che si degradano facilmente al calore.
Perciò ogni boicottaggio è ingiustificato sul piano nutrizionale. E poi tutti coloro che scrivono blog di cucina pieni di dolci e fritture, in cui ogni ricetta salata inizia col rituale “lasciate soffriggere mezza cipolla in un tegamino d’olio”, e perfino le ricette (modernissime) delle “sane torte della nonna” vogliono 200 g di burro; e quelli che consumano merendine e fritture, dadi o brodi pronti, creme e salse; quelli che fanno colazione al bar col croissant; quelli che sgranocchiano salatini davanti alla tv o spalmano Nutella vera o alternativa sul pane (bianco, per giunta, ma tanto, a quel punto…), dovrebbero tacere, perché incoerenti o perché l’olio di palma (e palmisti) lo assumono ogni giorno senza saperlo attraverso i loro golosi cibi industriali. Altro che permettersi di fare campagne nutrizionali contro l’olio di palma!
IL NOSTRO CONSIGLIO: OLIO EXTRAVERGINE DI OLIVA, MA… Non criminalizzare nulla di ciò che è naturale e lungamente sperimentato dall’Uomo. Noi, da parte nostra, essendo naturisti, continuiamo a consigliare di consumare per il (tanto) cibo crudo e per il (poco) cibo cotto che ci sono necessari ogni giorno quantità misurate di ottimo olio extra-vergine di oliva. Però trattandolo bene, cioè assicurandoci non tanto che sia biologico o no, piuttosto che produttori e commercianti l’abbiano prodotto a bassa temperatura e conservato al buio e in catena del fresco, che sia non in oliera ma in bottiglia scura o coperta di alluminio, chiusa non col sughero ma col tappo a vite sempre ben serrato, conservato in cantina o in analogo ambiente fresco e buio, non in cucina… Queste sono le condizioni davvero importanti. Altrimenti – nelle piccole quantità consentite per i grassi di condimento (il consiglio empirico per una persona normale sana ma sedentaria è di non superare i 2 cucchiai da minestra a pasto di olio crudo; ma per molti soggetti sovrappeso anche meno) – andrebbe bene tutto, perfino gli oli di semi raffinati e l’olio di palma.
Tutti gli altri grassi della Tradizione (lardo, strutto e burro, quest’ultimo rigorosamente solo crudo) possono essere usati soltanto di tanto in tanto o eccezionalmente, se si vuole. O anche mai (naturisti stretti, vegan): non sono certo necessari. E per i non vegetariani o non naturisti? “Orribile a dirsi”, lardo e strutto sono molto meglio del burro nella cottura: le cifre della tabella parlano chiaro. E anche gli oli di semi non raffinati, certo, vanno usati (peccato gli altissimi prezzi…) purché non abbiano mai lasciato la “catena del fresco”, condizione rarissima. E anche i migliori oli di semi nella frittura si decompongono facilmente e producono radicali liberi, tanto da essere ben più rischiosi dell’olio di palma. Ma non gridiamo allo scandalo se nei cibi industriali o degli esercizi pubblici (fritture, biscotti, creme spalmabili, grissini, margarina, dadi per brodo ecc.) c’è l’olio di palma (purtroppo raffinato, questo piuttosto lo scandalo). Perché per il consumatore eccezionale non sono affatto un rischio quei pochi grammi una volta all’anno! E’, semmai, il complesso dei cibi artificiali e industriali ad essere alla lunga rischioso, anche senza olio di palma, se condiziona la nostra dieta abituale. E perciò dobbiamo consumarli molto di rado gli alimenti industriali. E, anzi, chi grida troppo fa sospettare che abbia intenzione di mangiarli spesso…
ECOLOGIA E POLITICA. Diverso il discorso ecologico. La vera motivazione della campagna anti-palma dovrebbe essere ambientale, mentre in realtà è politica. E’ vero che la dissennata deforestazione per impiantare sempre nuove coltivazioni di palma da olio sta distruggendo l’ambiente originario e le foreste dell’Asia, più amate dagli Occidentali che dagli Orientali, tanto che i rari oranghi sono in via di sparizione. Ma la colpa non è del “capitalismo”, che è solo un mezzo che bisogna usare bene, ma piuttosto dei Governi corrotti del Sud del Mondo e delle popolazioni locali ottuse che acconsentono in cambio di apparenti vantaggi. Chi protesta non ha studiato la Storia dell’agricoltura e dell’alimentazione, altrimenti saprebbe che lo stesso è avvenuto con ogni coltura intensiva. In Italia la vite e l’olivo (dal X-VII secolo a.C.), il granoturco (mais), il riso e l’arancio dal 1500 in poi, hanno distrutto il tipico paesaggio della Penisola, descritto dagli Antichi come una immensa e per loro paurosa distesa di foreste, uno dei luoghi più verdi e affascinanti del Mondo, trasformandolo in banali colline, in piatte distese con monotone monoculture senza bio-diversità. Il Chianti, la Sabina, la Puglia, le piane della Sicilia, l’intera val Padana lo dimostrano: tutte deforestate. E se a Sumatra, in Indonesia, gli oranghi sono a rischio per l’estendersi delle coltivazioni e per la caccia, anche in Italia sparirono l’orso e la lince per le medesime ragioni (delittuose). E, anzi, oggi ci siamo talmente abituati a questo paesaggio artificiale da considerarlo “bello”, “tipico”, “tradizionale”. Coerenza vorrebbe, però, che chi si straccia le vesti contro il “capitalismo dell’olio di palma” estendesse la sua critica a tutte le monocolture, anche in casa propria, anche contro i vigneti del Chianti o dell’Astigiano, o degli oliveti dalla Liguria alla Puglia, che a mio parere sono ancora meno belli (e c’entrano ancor meno con l’ambiente) dei palmeti intensivi della Malesia.
Troppo comodo fare i “saggi” in casa d’altri e a pancia piena, quando si è diventati ricchi e sapienti (ecologicamente) proprio grazie ai soldi venuti da oltre 150 anni di distruzione del Paesaggio e della Natura in Europa e Nord America! Dare da mangiare a tutti e a poco prezzo, anche ai Paesi poveri che (“effetto copia”) desiderano come noi il consumismo del cibo industriale, le bevande dolci e il grasso economico da frittura, ha un costo altissimo: aree sempre più estese di Natura vergine. E infatti quei Paesi poveri ma consumisti ora conoscono anche l’obesità, accanto alle altre malattie. Anzi, come per le critiche all’inquinamento “vecchio stile” che producono, quelle popolazioni giudicano “paternalismo” ipocrita i nostri avvertimenti che quel modo di mangiare opulento che noi abbiamo inventato è superato e fa male. Loro vogliono imitarci, ripercorrendo senza saggezza in pochi anni tutta la nostra parabola, compresi gli errori. Ecco perché non serve all’ipocrita difesa dell’ambiente “in casa d’altri” (mentre noi occidentali non siamo capaci neanche di realizzarla appieno in casa nostra), dire stupidaggini e falsità nutrizionali sull’olio di palma.
IMMAGINI. 1. Frutti di palma da olio tagliati in modo da mostrare sia la polpa, intensamente colorata perché ricca di carotenoidi e polifenoli antiossidanti, sia il bianco nocciolo (palmisti o palmisto) che invece ne è privo. Ma le due parti sono ben diverse anche nella composizione in acidi grassi. 2. Ciotola con grasso di palma allo stato solido e grezzo, ricchissimo di carotenoidi e vitamina E tocoferolo-tocotrienolo. 3. Tabella di confronto nutrizionale tra i grassi più ricchi di a.g. saturi. 4. “All Natural Pure Palm Oil” si legge sull’etichetta. Non è salsa di pomodoro: il colore intenso tradisce l’altissima percentuale di antiossidanti e vitamine. 5. Ecco com’è ridotto da successive raffinazioni, decolorazioni e “frazionamenti” l’olio grezzo, per poterlo rifilare a industrie alimentari, friggitorie e ristoranti.