Thursday, July 3, 2008

CONGOLESI D'ITALIA

La Repubblica Democratica del Congo ha tutto, le manca soltanto una pace compiuta

di Aldo Ciummo

I congolesi che vivono in Italia sono stati chiamati a partecipare ad una iniziativa per superare i conflitti del passato. In Italia ci sono 3500 congolesi, non molti, solo i rifugiati nel mondo provenienti dalla Repubblica Democratica del Congo sono 370.000.

Ma da qualche parte si deve cominciare per far conoscere i problemi di un paese enorme e martoriato, hanno pensato quelli che si trovano a Roma. Il 30 giugno la sede dell'Unicef di via Palestro nella capitale italiana ha ospitato il 48° anniversario dell'indipendenza della Repubblica Democratica del Congo: questa volta però le organizzazioni che hanno dato vita all'iniziativa, il Comitato Permanente per la Memoria delle Vittime Congolesi ed il Salotto Africano, non si sono limitate alle celebrazioni ma hanno voluto intitolare l'iniziativa "In Memoria dei Caduti Congolesi" per stimolare il dibattito sulle guerre civili che hanno mietuto sei milioni di vite tra il 1997 ed il 2003. Renè Kianga, un rifugiato, ha preso la parola nella sala delle conferenze per ricordare come sia cambiata la vita nel suo paese se i nonni dicevano che il 30 giugno, la data dell'indipendenza, era il giorno più bello, e poi è diventato un giorno per ricordare le vittime delle guerre in subappalto tra potenza economica francese e americana, sostenitori sotterranei di hutu e tutsi, un conflitto interno a stati vicini, ma che ha sconfinato nella Repubblica Democratica del Congo e che nelle province del nordest alimenta ancora tensioni per il controllo dei diamanti e del coltan, minerale utilizzato nella fabbricazione di componenti per i telefoni cellulari. L'associazione "Un sorriso dall'Africa" ha partecipato e fatto conoscere il suo progetto, una iniziativa di finanziamento che coinvolge artisti italiani e un missionario laico di Alessandria che si chiama Antonio Garovillano.

Le associazioni che hanno preso parte all'incontro (oltre a quelle citate, c'erano anche "La Diaspora Africana", la "Fondazione Maman Claudine Mbuy", il "Salotto dei Medici", "Mutualità Congolese", "Assiconsulting 2007") hanno prodotto un filmato che documenta le violenze perpetrate ai danni di donne e civili in funzione intimidatoria: un milione e trecentomila congolesi, pur trovandosi nei confini dello stato sono di fatto rifugiati interni, secondo le stime dell'Unhcr. Il grande paese centroafricano è anche uno di quelli più colpiti dalla difficoltà degli aiuti di raggiungere i destinatari. "Conoscendo bene la realtà del nostro paese noi siamo riusciti a sostenere delle persone concrete, quello che i grandi marchingegni della solidarietà spesso non sanno fare" ha detto Claudine Mbuyi, una congolese che vive in Italia e che ha creato una Fondazione molto attiva nella cooperazione medica. Gli interventi si sono concentrati anche sulle rimesse degli emigranti, che da sole sostengono l'economia locale più degli aiuti delle nazioni più industrializzate. Antonio Nhaga ("Salotto Africano") ha sottolineato come spesso i conflitti africani vengono dipinti dai media occidentali quali questioni etniche, laddove non è difficile riscontrare il coinvolgimento economico e il supporto sotto forma di armamenti proveniente dall'occidente. I problemi africani sono interrelati, ha affermato Nhaga, all'economia globale.

I rappresentanti della diaspora africana hanno aggiunto che a partire dalla presidenza Onu di Kofi Annan è cresciuta la consapevolezza del ruolo economico e sociale che gli emigrati di tutto il continente possono avere, fino ad arrivare ad una maggiore iniziativa anche da parte degli stati democratici come Senegal, Ghana, Nigeria, Kenya, Sudafrica, per creare progetti integrati nel centronord e nel centrosud dell'Africa. La Repubblica Democratica del Congo ha ripreso compiutamente il cammino della democrazia soltanto dopo le elezioni del giugno 2006, che hanno confermato al governo Joseph Kabila, il cui padre Laurent, ucciso nel 2001 da avversari politici quando la guerra civile era ancora in corso, era stato il protagonista della rimozione del dittatore Mobutu, emblema del controllo economico occidentale sul paese, tuttora alle prese con uno sfruttamento delle proprie risorse minerarie e naturali che poco lascia alla popolazione.


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